Dalla pittura alla fotografia...con soluzione di continuità.



L'idea del labirinto nelle fotografie del grande artista Cesare Di Liborio. Il labirinto come concetto ritorna spesso nella vita come nell'arte, forse proprio per questo motivo nelle sue fotografie questi due concetti, di arte e vita, si intrecciano perfettamente tra di loro.

Un famoso critico , Achille Bonito Oliva, rifacendosi all'arte della Transavanguardia, scriveva "L’arte finalmente ritorna ai suoi motivi interni, alle ragioni costitutive del suo operare, ,al suo luogo per eccellenza, che è il labirinto, inteso come lavoro dentro, come escavo continuo dentro la sostanza della pittura. L’idea dell’arte alla fine degli anni Settanta è quella di ritrovare dentro di sé il piacere e il pericolo di tenere le mani in pasta, rigorosamente nella materia dell’immaginario, fatto di derive…e mai di approdi definitivi.”

Quello che è stato scritto per la pittura si può dire di questi scatti...ritornando al labirinto come luogo per eccellenza, inteso appunto come un lavoro intrinseco. Ognuno di noi in queste immagini ci si può ritrovare. Le luci e le ombre non sono altro che le gioie e i dolori che ognuno di noi ha lungo il percorso della vita. Il non vedere mai cosa c'è al di là. Un punto di domanda che può incutere angosce e ansie. Una domanda a cui nessuno può rispondere. Il noto e l'ignoto. La vita e la morte. Quel concetto tanto noto fin dagli antichi greci della contrapposizione tra eros e thanatos.

E poi la sostanza della foto. La lunga ricerca da parte dell'artista, durata anni. La scelta del luogo, le vie cave in Etruria, con queste pareti scavate nel tufo alte fino a 25 metri.
Lo scatto. Il fermo immagine come in una sequenza cinematografica. Ed infine la fase più emozionante della camera oscura. Questo mondo altro, parallelo dove puoi vedere la tua opera finita. Quindi la qualità di stampa e la qualità del supporto.

Tutto questo è il progetto "Labyrinthos II" del fotografo reggiano Cesare Di Liborio.


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