Ai confini della realtà | Opere di Alan Fecola
di Monica Baldi
Siamo nel 1920 quando in Messico nasce quel movimento artistico noto come “muralismo”. I muri scrostati della città ad un tratto cambiano aspetto e diventano delle vere e proprie opere d'arte. Pennelli e colori per un momento non sono più fondamentali e verranno sostituiti con le bombolette spray. I colori si fanno forti e decisi e sempre di più prende piede l'astrattismo. Ci troviamo così di fronte a veri e propri affreschi urbani, dove si depositano storie, storie come quelle umane, di civiltà passate, perdute, di origini anche sconosciute, il tutto fuso con l'ausilio di vari materiali.
La poetica
del murales o dei manifesti pubblicitari strappati, dove tutto sembra
lasciato al caso e invece c'è un'idea ben precisa dell'artista, è
stata seguita da tanti, uno degli artisti più noti è indubbiamente
Mimmo Rotella. E' lo stesso artista Alan Fecola che spiega “cerco
una forma che esprima l'aspetto più profondo delle cose, lo spirito
silente di memorie, il soggetto è marginale, è una maschera a
volte, un volto, scalfito, frammentato, lacerato, come le ferite di
alcune anime, altre volte il soggetto sono memorie, una moltitudine
di minuziosi inserimenti, portati in superficie da scritte, lettere,
numeri, segni, graffi, paesaggi dell'anima, di luci e ombre ma il
tutto trattenuto in un sussurro più che un grido.”
Nelle opere,
quindi, dell'artista milanese notiamo una dimensione più spirituale
che realistica dove si nota pienamente la poetica del murales. Ad un
tratto il muro e la tela diventano interscambiabili e i pennelli
lasciano il posto a bombolette e altri materiali come carte e
tessuti.
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