Fotografia Europea 016 | Rimini Rimini Fotografie di Monica Baldi
Mostra e testo a cura di Riccardo Varini
Rimini
Rimini, stazione di Rimini, ripete l’altoparlante come fossimo
arrivati in California.
Qui
però il mare è quasi sempre piatto e le spiagge sono piene di ogni
tipologia umana.
Entrare
in questo affollatissimo “divertimentificio”, pieno di castelli e
secchielli e riuscire a ritagliarsi qualche interessante fotografia
non è cosa da poco.
Si
perché, o caschiamo a fare le solite cabine dalle geometrie
colorate, arrivando spesso ad una estetica fine a se stessa, o più
spesso, come hanno fatto oramai tutti, ci affidiamo al mare
d’inverno, la foto “concettuale” con l’ombrellone chiuso e
una malinconia che Luigi Ghirri aveva già espresso quarant’anni
fa.
Monica
è riuscita invece a superare questi stereotipi, complice il suo vero
amore per questo luogo (che non è ancora un “non luogo”),
abbandonandosi alla luce forte e calda che gioca fra gli stabilimenti
e il molo.
Sono
immagini somiglianti più a manifesti sbiaditi dal sole che a vere e
curate fotografie.
Sono
fotografie stampate su carta da disegno, ma che ci importa?
L’atteggiamento
singolare e le immagini accattivanti sono proprie di una fotografa
che “sta dietro”, sta molto dietro e nascosta a sbirciare dietro
la siepe certe curiosità della luce sulle cabine o sulle barche,
come fa il bambino guardando dal buco della serratura, trovando
tutto più meraviglioso e magico.
La
sua non è una fotografia che ci sbatte davanti il soggetto, ma
piuttosto, grazie alle soglie che inserisce, una fotografia che
stimola l’immaginazione.
Una
fotografia che sta anche “oltre”, con molta leggerezza, eleganza
e discrezione.
Il
mare c’è ma non si vede, forse si sente solo un pò il rumore. Il
soggetto non è nemmeno più tanto importante. L’importante è la
luce abbagliante che lo travolge .
Con
queste immagini furtive Monica dà vita a una sua fotografia giocosa,
solare, come lei vede Rimini, lontana dai paesaggi morbidi o classici
delle più svariate cartoline.
Qui
non ci sono grandi pretese concettuali ma luce e colori che escono
potentemente dallo stato d’animo di Monica, sincera nel sentire e
nel guardare. Io dico sempre che bisognerebbe fotografare quello che
noi abitiamo, che respiriamo, che conosciamo, piuttosto che paesaggi
eccezionali ma che sono a noi distanti. Questa è la dimostrazione
del sentire bene il nostro luogo, anche se non esteticamente
magnifico. Monica qui spazia tranquilla fra le sue barche e le sue
cabine come se fosse a casa sua e per questo riesce a superare i
clichè nei quali altri stanno ancora annaspando.
In
verità una certa ironia o certi “tromp-l’oeil” che Luigi
Ghirri usava già nei primi anni Settanta traspaiono ancora ( il
pesciolino, le panchine, i colorini pastellati dei giochi…) ma
l’intento qui è diverso, meno concettuale, più naturale e
istintivo.
Sembra
quasi che con questi stereotipi Monica ci vada a nozze, ne faccia
delle vere e proprie “icone” con le quali giocare e fantasticare.
Se non ci fossero forse , bisognerebbe inventarli!
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