Rimini Rimini - Le fotografie di Monica Baldi



di Riccardo Varini


Rimini Rimini, stazione di Rimini, ripete l’altoparlante come fossimo arrivati in California.
Qui però il mare è quasi sempre piatto e le spiagge sono piene di ogni tipologia umana.
Entrare in questo affollatissimo “divertimentificio”, pieno di castelli e secchielli e riuscire a ritagliarsi qualche interessante fotografia non è cosa da poco.
Si perché, o caschiamo a fare le solite cabine dalle geometrie colorate, arrivando spesso ad una estetica fine a se stessa, o più spesso, come hanno fatto oramai tutti, ci affidiamo al mare d’inverno, la foto “concettuale” con l’ombrellone chiuso e una malinconia che  Luigi Ghirri aveva già espresso quarant’anni fa.
Monica è riuscita invece a superare questi stereotipi, complice il suo vero amore per questo luogo ( che non è ancora un “non luogo”), abbandonandosi alla luce forte e calda che gioca fra gli stabilimenti e il molo.
 
 

 
Sono immagini somiglianti più a manifesti sbiaditi dal sole che a vere e curate fotografie.
Sono fotografie stampate su carta da disegno, ma che ci importa?
L’atteggiamento singolare e le immagini accattivanti sono proprie di una fotografa che
“sta dietro”, sta molto dietro e nascosta a sbirciare dietro la siepe certe curiosità della luce sulle cabine o sulle barche, come fa il bambino guardando dal buco della serratura, trovando  tutto più meraviglioso e magico.
La sua non è una fotografia che ci sbatte davanti il soggetto, ma piuttosto, grazie alle soglie che inserisce, una fotografia che stimola l’immaginazione.
Una fotografia che sta anche “oltre”, con molta leggerezza, eleganza e discrezione.
Il mare c’è ma non si vede, forse si sente solo un pò il rumore. Il soggetto non è nemmeno più tanto importante. L’importante è la luce abbagliante che lo travolge .
Con queste immagini furtive Monica dà vita a una sua fotografia giocosa, solare, come lei vede Rimini, lontana dai paesaggi morbidi o classici delle più svariate cartoline.
 


Qui non ci sono grandi pretese concettuali ma luce e colori che escono potentemente dallo stato d’animo di Monica, sincera nel sentire e nel guardare. Io dico sempre che bisognerebbe fotografare quello che noi abitiamo, che respiriamo, che conosciamo, piuttosto che paesaggi eccezionali ma che sono a noi distanti. Questa è la dimostrazione del sentire bene il nostro luogo, anche se non esteticamente magnifico. Monica qui spazia tranquilla fra le sue barche e le sue cabine come se fosse a casa sua e per questo riesce a superare i clichè nei quali altri stanno ancora annaspando.
In verità una certa ironia o certi “tromp-l’oeil” che Luigi Ghirri usava già nei primi anni Settanta traspaiono ancora  ( il pesciolino, le panchine, i colorini pastellati dei giochi…) ma l’intento qui è diverso, meno concettuale, più naturale e istintivo.
Sembra quasi che con questi stereotipi Monica ci vada a nozze, ne faccia delle vere e proprie “icone” con le quali giocare e fantasticare. Se non ci fossero forse , bisognerebbe inventarli!



 

Commenti

Post popolari in questo blog

FRANCO FAJETI. UNA REGGIO TRA SOGNO E REALTA’.

Libri e foto - Sognando dietro il mare

Fabrizio Bussotti. La sua arte dall’Espressionismo astratto al Bauhaus